«Sono una mamma che dà un consiglio: chi sceglie la mafia non avrà più vita, l’unica strada porta al cimitero»

Michele Fazio nasce il 21 settembre 1985 a Bari. È il secondo di quattro fratelli, e si sente responsabile della madre e delle sorelle perché il padre, che fa il ferroviere, si trova spesso fuori casa.

Abbandona la scuola a 13 anni per andare a lavorare in un bar, frequenta la scuola serale per avere un diploma, e passa il resto del tempo giocando con gli amici nei vicoli stretti vicino al mare. Il suo sogno è diventare un carabiniere: ammira chi vuole portare ordine a Bari, dove la presenza della criminalità si fa sentire in modo determinante anche tra i giovanissimi. Michele sa bene cosa è la mafia: cresce accanto ai figli dei boss mafiosi.

Lui è un ragazzo buono, e si fa voler bene da tutti. La sera del 12 luglio 2001 è speciale perché a casa è presente anche il padre Pinuccio. Michele ha finito il turno del lavoro e passa un po’ di tempo sul lungomare assieme agli amici e al fratello maggiore, Nicola. Poi, si dirige verso casa (dove lo aspettano i genitori) in mezzo alle strette strade di Bari Vecchia, dopo aver chiamato alle 22.40 per dire che stava arrivando.

Proprio quando arriva sotto casa, viene strattonato, e dopo qualche secondo sente degli spari: un proiettile lo colpisce al cranio e muore sul colpo. Tutti scappano, lasciandolo solo nella sua pozza di sangue; si sente un grido in dialetto barese: «Abbiamo ucciso un bravo ragazzo».  A soli 15 anni Michele è una vittima innocente di una lotta tra due clan rivali, Capriati e Strisciuglio (doveva essere colpito uno appartenente ai secondi, ma viene mancato).

 

Nel 2003 il caso viene archiviato, ma i genitori non si danno per vinti: questa volta non vogliono che ci sia la solita omertà come risposta ai crimini mafiosi; vogliono che venga fatta giustizia per loro figlio. Non si arrendono all'affermazione “si trovava nel posto e nel tempo sbagliati”, perché sono convinti che un figlio dovrebbe tornare a casa dai genitori senza il rischio di perdere la vita. Ad essere nel posto e nel tempo sbagliati è stata la mafia. Solo nel 2005 i colpevoli vengono condannati dai 7 ai 17 anni di reclusione.

Alla sua memoria viene intitolato il presidio di Libera di Giovinazzo (Bari) e un vino prodotto dalla Cooperativa sociale terre di Puglia – Libera Terra, che opera nei terreni sottratti dalle mafie a Mesagne. A Michele è intitolata anche l’associazione che ha sede a Bari vecchia che offre uno spazio e fa da doposcuola ai ragazzi del quartiere.

 

 

Approfodimenti

Da sapere

 

- È stata prodotta una piéce teatrale, “Stoccdò – Io sto qua”, che prende il nome da una frase della madre del ragazzo.

Da leggere

 

- Il grido e l’impegno. La storia spezzata di Michele Fazio, Francesco Minervini, Stilo Editrice, 2011
Racconta la storia di Michele, un ragazzo solare amava la vita

Da vedere

 

- Storia di Michele Fazio – Vittima innocente di mafia
Diretta streaming dove i genitori raccontano quello che hanno vissuto quella sera.