Perché è importante conoscere e ricordare la figura di Peppino Impastato? Solo perché è una vittima di mafia?
Perché Peppino sapeva cosa fosse la mafia e con grande lungimiranza voleva renderlo noto prima del tempo: la mafia come potere, come sistema, con i suoi legami con lo Stato, come malattia che si dirama a discapito di lavoratori e cittadini.

Cresciuto in una famiglia mafiosa, Peppino decide sin da bambino di ribellarsi alla violenza che vive nelle relazioni familiari. Ben presto, rompe i rapporti con il padre, che lo caccia di casa. Ma mantiene i contatti con la madre Felicia e il fratello Giovanni. La madre, preoccupata per la sua incolumità cercherà inutilmente di dissuaderlo dall’intensa attività politico-culturale di cui Peppino sarà protagonista a Cinisi, la sua cittadina di origine.

Nel 1965 fonda il giornalino L'idea socialista, aderisce infatti al Partito Socialista italiano di Unità proletaria e poi una militanza più concreta nei gruppi di Nuova sinistra. Si distingue per l'impegno nella lotta all'esproprio delle terre per costruire la terza pista dell'aeroporto di Palermo. Ma è soprattutto con la fondazione di Radio Aut che il suo operato inizia ad infastidire le logiche mafiose.

Ogni venerdì sera, infatti, Peppino accende il microfono della radio e trasmette la sua Onda Pazza, una trasmissione satirico-politica che diviene un vero e proprio radiogiornale di contro-informazione. Attraverso il suo programma radiofonico Peppino Impastato racconta tutto ciò che accade nelle stanze del potere di Mafiopoli (come è ribattezzata Cinisi). Fa nomi e cognomi trasformando in satira gli affari di Tano Seduto (Gaetano Badalamenti) che gestisce traffici di droga e appalti con il silenzio assenso delle istituzioni locali. Tutti in città ascoltano Onda Pazza e apprezzano la forza di Impastato che instilla una speranza di cambiamento a chi la violenza della mafia la subisce nel quotidiano.

Nel 1977 il padre, Luigi Impastato, muore investito da un’auto. Non ci sono prove, ma il sospetto di un attentato a stampo mafioso è forte. Al funerale Peppino si rifiuta di stringere la mano a Badalamenti e ai suoi uomini, venuti a porgere ossequi alla famiglia. La sua presa di posizione non passa inosservata. La madre prende accordi per mandarlo in California, ma Peppino non vuole partire: ha deciso di candidarsi alle elezioni municipali nella lista di Democrazia Proletaria, vuole diventare consigliere. La mafia ha cambiato abito, passando dalla lupara alla camicia bianca: ora si muove attraverso le istituzioni, condiziona gli appalti, costruisce una rete di favori difficile da estirpare. L’unico modo è combatterla dall’interno, e Peppino lo sa.

La notte tra il 9 maggio 1978, sei giorni prima delle elezioni amministrative, Peppino Impastato viene picchiato a morte e fatto saltare in aria con sei chili di tritolo. I suoi resti dilaniati dall’esplosione vengono ritrovati lungo un tratto della ferrovia che collega Palermo a Trapani. L’agghiacciante notizia viene oscurata da un’altra morte illustre, quella di Aldo Moro. Gli inquirenti liquidano la morte di Peppino con un’ipotesi di atto terroristico finito male. Oppure si tratta di un suicidio? Quest'ultima ipotesi è corroborata dal ritrovamento di una lettera che annuncerebbe il desiderio del giovane di farla finita. Sui muri di Cinisi e Palermo, però, compaiono manifesti che gridano a lettere cubitali una verità tanto evidente quanto silenziosa: «Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia».

Sulla sua tomba si legge «Rivoluzionario e militante comunista, assassinato dalla mafia democristiana». Peppino viene eletto in consiglio comunale postumo, con il sei per cento delle referenze. Il 16 maggio 1978 la madre Felicia e il fratello Giovanni presentano alla procura un esposto per chiedere che vengano svolte indagini sull'omicidio di Peppino, ucciso per mano mafiosa. Un atto di coraggio e di orgoglio, di amore per quello che Peppino Impastato era stato in vita, e che non ha mai smesso di essere nemmeno da morto: la spinta all'azione, a provare a fare in modo che le cose cambino.

Ci vorranno 16 anni prima che questa battaglia legale trovi un barlume di giustizia nella sentenza firmata dal magistrato Rocco Chinnici, che dichiara la morte di Impastato omicidio e la imputa a «ignoti mafiosi». La lunga vicenda giudiziaria si chiuderà solo l’11 aprile 2002 con l’ergastolo per Tano Badalmenti, mandante mai pentito.

«Immaginavo che me lo ammazzavano. E glielo dicevo, Peppino, tu non lo puoi fare. Tu lo sai a che famiglia appartieni. Ma lui non sopportava l’ingiustizia». Così Mamma Felicia racconterà a distanza di anni l’impegno di quel figlio così distante dalla strada di casa e così difficile da proteggere. È il tempo degli attentati della Prima repubblica, scie di sangue che collegano le maglie della criminalità organizzata e s’intrecciano laddove cadono le vittime, colpevoli di aver ostacolato il sistema.

 

 

 

Approfodimenti

Da sapere

 

- Se oggi conosciamo e ricordiamo la storia di Peppino è grazie al coraggio e all'impegno del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta.

Da leggere

 

- Peppino Impastato – Un giullare contro la mafia di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso

Da vedere

 

- I Cento Passi di Marco Tullio Giordana, l'iconica pellicola che ha raccontato la storia di Peppino Impastato con una magistrale interpretazione di Luigi Lo Cascio